A buon intenditore due parole. L’alibi dell’intelligenza artificiale.
Riteniamo non semplice decidere come legittimare l’apprezzamento estetico; a grosse linee rintracciamo due modalità di lettura: la prima si rivolge all’autore, l’altra alla fruizione diretta dell’opera. Il quesito che ne deriva è se risulta appropriato ammirare a priori il lavoro del poeta, apprezzamento di solito rivolto ad un autore noto («Ah… ma è di Picasso»), oppure, riuscire a gratificarsi della lettura diretta di una poesia (che fino a quel momento potrebbe anche non essere nota). Intendiamo dire che tra l’uovo e la gallina sia da privilegiare la gallina. Procedendo in questa soluzione “aviaria”, si dichiara che le opere significative per l’umanità siano il risultato di un processo creativo e per questo intendiamo individuare sostanziali segnali che dimostrino il divenire della consapevolezza. Nasce la comprensione che al di la dei pregiudizi siamo incapaci di valutare veramente un’opera – la quale in se già contiene tutte le chiavi problematiche, ivi comprese quelle anomale (a-nomos, non catalogate).
Infatti sarebbe deleterio attribuire valore/preventivo ad un opera di un artista già catalogato, significherebbe che l’opera appartiene (solo) ad esso; ma trovarsi sedotti con interesse dalla scoperta della compiutezza di un opera, a prescindere il voler sapere chi è l’autore, certifica che, invece, l’opera appartiene all’umanità tutta. Questa linea di lettura ci conduce facilmente verso l’opera di Manuel Grillo. Per
intenderlo a pieno sarebbe necessario – a proposito di processo – mettere in giusta sequenza la successione Evento – Invento – Divento; ma sarebbe più opportuno indicarla con i termini di ex-vento (viene verso di noi), in-vento (vado verso ciò che emerge), e poi “di-vento” (divenire).
Nella genesi della produzione di Grillo troviamo la conferma che nella sua opera (anche se nel tempo ad alcuni sembrerebbe eterogenea, ma è proprio questo che dimostra la sua disponibile sensibilità) si manifesta la dimostrazione, direi quasi scientifica, del possesso degli indispensabili sensori propri della sua acuta sensibilità: la curiosità, l’insaziabilità e, non ultima, la sua irrinunciabile e continua fervida dialettica.
Non riteniamo spropositato affermare, a proposito di Picasso – catalogato anche attraverso i suoi noti periodi creativi (periodi rosa, blu ecc.) – un qualcosa di simile nei riguardi dell’inesauribile produzione artistica di Grillo, è questa modalità che ci convince ancora di più.
Il processo diveniente di Manuel Grillo.
Di fronte alle manifestazioni dei fenomeni che emergono (eventi) il nostro autore non vuole nascondere la testa sotto la sabbia, si sente naturalmente coinvolto fintantoché riesce a rintracciarne i misteriosi valori inediti. Per mantenere vivo il suo irrefrenabile processo, sente necessario conoscere in profondità cosa possano raccontare le urgenze nella loro implacabile presenza di segni forti; insomma Manuel, non si tira indietro, accetta di ascoltare le intriganti melodie cantate dalle perigliose Sirene; pur slegato va verso di esse: dall’ex-vento va verso l’in-vento, così interagisce: l’invenzione.
È qui che il creativo (che sistema l’esistente concreto – non astratto – in altra posizione ancora non considerata, in una nuova modalità di com-posizione) offre tante altre soluzioni che la sensibilità dei suoi sensori riesce ad inventare, e così diviene, fornendo continuamente opere frutto del suo sensibile lavoro – sempre in divenire.
Nessuno può definire l’arte – altrimenti non sarebbe – ma per divenire artista è necessario inventare nuovi approcci, senza soluzione di continuità, in un divenire costante. Manuel: può affermare a gola spiegata « ogni volta divento un artista adeguato» (tanto per menzionare i famosi concetti di assimilazione e di adeguamento di J. Piaget).
Carlo Bozzo – ventiventi